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Intervista a Elisa Copetti

Elisa Copetti: «Roulette, romanzo croato di un’Europa contemporanea»
gennaio 30, 2017 Redazione
Elisa Copetti

Elisa Copetti si divide tra l’insegnamento dell’italiano per stranieri e l’organizzazione teatrale e si occupa di traduzioni dal serbo, croato e bosniaco, dopo aver approfondito lo studio di queste lingue in ripetuti soggiorni all’estero (Zagabria 2004, Belgrado e Dubrovnik, 2005).

Laureata in Traduzione letteraria all’Università di Udine, città dove tuttora vive, Elisa Copetti ha da sempre percepito, anche per influenza della propria storia famigliare, di crescere in un contesto multiculturale, dove la vicinanza alla Croazia e alla Slovenia ha favorito lo sviluppo di progetti interculturali tra i paesi di lingua slava cui ha preso attivamente parte.

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Per Elisa Copetti, sconfinare è sempre stata una cosa normale: «significava percorrere qualche chilometro, varcare un confine amministrativo e continuare a sentirsi a casa. Perché quando è più facile raggiungere Belgrado di Roma» racconta «la tua identità si arricchisce ed è normale sentirsi più affine a una città che non è per forza quella del tuo paese».

Studiosa anche di letteratura russa e lingua ceca, Elisa Copetti è specializzata in lingua e cultura croata, serba e bosniaca, generalmente indicate comeserbo-croato” . Per iniziare, le chiediamo proprio una precisazione riguardo a questa ‘macro classificazione’.

Q: Cosa si intende con il termine così generico “lingua serbo-croata”?

«Quando si parla di serbo-croato ci si riferisce a uno standard linguistico, ma nella pratica esistono dei micro standard che sono il serbo, il croato e il bosniaco con differenze anche nette. Dopo la disintegrazione della Iugoslavia (oggi ex Iugoslavia), dire di tradurre dal serbo-croato è anacronistico. Si tratta di lingue differenti e come traduttrice devo costantemente tenermi aggiornata su tre forme che sono in continuo mutamento. Cerco così di tenermi aggiornata sull’evoluzione delle parlate locali nel loro gergo e nel dialetto; lo faccio leggendo molto e, quando mi è possibile, passando del tempo sul luogo in cui la lingua è parlata.»

Q: a proposito della dedizione che viene richiesta dall’atto del tradurre, quali sono le capacità che deve avere un buon traduttore?

«Deve essere molto attento e puntiglioso. Deve inoltre portare rispetto all’autore e al lettore.
Il rischio è che semplifichi troppo i concetti perché ritiene che non possano essere compresi, ma tante volte dimentica che i lettori sono intelligenti e non può prendersi il diritto di eliminare degli aspetti della cultura di partenza.»

Q: Come hai lavorato alla traduzione di Roulette?

«Sono solita leggere il romanzo un paio di volte prima di iniziare con la traduzione, così ho fatto anche per Roulette. In questo caso ho avuto il tempo per fare delle ricerche approfondite su parole e temi a me poco conosciuti. Nello specifico mi sono documentata sulla situazione del gioco d’azzardo, in Italia e in Croazia, una tematica largamente presente in Roulette

Q: quali sono i tratti caratteristici della lingua croata? Quali difficoltà si possono incontrare in fase di traduzione?

«Le lingue slave sono tendenzialmente più sintetiche di quelle romanze. Gli stessi concetti sono espressi con formule più brevi e questo porta il testo originale a essere più secco e immediato dei nostri. Per questo, nel lavoro di traduzione, è necessario lavorare sulle parole e sugli aggettivi per rendere meno asciutto il testo.
Nel romanzo di Lada Žigo alcuni personaggi si esprimono in dialetti dalmata che sono intraducibili e che risultano difficilmente comprensibili anche da un madrelingua. Ho dovuto fare uno scrupoloso lavoro di ricerca per vedere come altri traduttori si sono comportati di fronte a certi termini, li ho contattati e mi sono confrontata con loro. Per me è importante creare rete con i colleghi.»

Q: qual è il tratto caratteristico della letteratura balcanica? Quale la sua ricezione in Italia?

«La ex Iugoslavia ha prodotto per cinquant’anni una letteratura di qualità di ispirazione europea comune a tutto il territorio, ma dopo la sua disgregazione, ciascun paese, con il sostegno finanziario del governo, ha creato una letteratura nazionale di impronta nazionalista, quindi con tematiche fortemente legate alla storia di ogni paese.
I lettori di area balcanica leggono autori americani, nordeuropei, francesi e anche italiani; in Italia invece l’interesse per la letteratura slava sembra circoscritto alle sole aree confinanti del Friuli e del Veneto. Credo che il motivo stia nel fatto che il romanzo di questi paesi è ancora intriso di un passato di guerra ancora vivo nel vissuto degli scrittori viventi e che oggi esercita poco fascino per i lettori italiani.»

Q: Roulette è un romanzo ambientato nella Croazia odierna, in cui l’autrice, attraverso il personaggio principale, fa un’analisi sociologica e psicologica della società croata contemporanea. Qual è questa condizione?
È possibile rintracciare nel romanzo una dimensione europea?

«Ante, il protagonista di Roulette, è un giocatore patologico che va a ripescare la sua malattia in un’altra patologia che è il disturbo postraumatico da stress. Si tratta di una patologia ampiamente diffusa nella realtà croata odierna e che è tipica degli ex combattenti, dei profughi e di coloro che hanno subito violenza. Ad essa si unisce la patologia del gioco d’azzardo, nota come “ludopatia”, che rappresenta una delle dipendenze più diffuse su tutto il territorio europeo, non solo croato.
Roulette si colloca così a metà tra dimensione nazionale e sovranazionale: da una parte è un romanzo croato che denuncia il disagio sociale di un popolo deluso da una promessa di democrazia che l’Europa non ha saputo mantenere, dall’altra è un romanzo europeo nel modo di scrivere e nella capacità dell’autrice di sondare un disagio sociale che coinvolge direttamente l’Europa intera.»

 

→ Potrebbe interessarvi anche il video dell’incontro con Lada Žigo ed Elisa Copetti in dialogo al Mimesis Festival di Udine nel 2016.