Abbiamo conversato con Alessandro Amenta, studioso e divulgatore di letteratura polacca, per la cui attività, nel 2012, ha ricevuto la medaglia “Benemerito per la cultura polacca” dal Ministero della Cultura e del Patrimonio Nazionale.
Per la collana eLit di Mimesis ha tradotto il romanzo La pensione di Piotr Paziński, vincitore EUPL 2012, pubblicato nel 2009 con il titolo originale Pensjonat.
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Q: Iniziamo chiedendo a lui, Alessandro Amenta, che nel romanzo si è addentrato come solo un traduttore può fare, di introdurci all’opera. Di cosa tratta?
«La pensione narra la storia di un uomo che torna nella pensione alle porte di Varsavia dove da bambino andava in vacanza insieme alla nonna. La particolarità della pensione è che gli ospiti sono esclusivamente ebrei polacchi sopravvissuti alla Shoah. Durante il suo soggiorno, il narratore ripercorre la storia della propria famiglia, rievoca eventi del passato e recupera frammenti di memoria, con un colpo di scena finale che non svelo, ma che impone al lettore di ripensare a quanto letto in una nuova luce.»
Q: Cosa significa tradurre un’opera letteraria e come è considerata la figura del traduttore in Italia?
«Tradurre un’opera letteraria significa tentare di riprodurne forma e contenuto nella lingua e nella cultura di arrivo, mantenendone le specificità e al contempo rendendola fruibile per il lettore finale. La figura del traduttore in Italia è spesso sottovalutata o misconosciuta, il traduttore viene raramente citato e, quando avviene, è soprattutto nel caso di “cattive” traduzioni, meno per elogiarne il lavoro. La situazione, tuttavia, sta cambiando e sempre più spesso alla figura del traduttore viene riconosciuto, oltre alla mera trasposizione linguistica del testo, il ruolo di mediatore culturale.»
Q: Quali sono le capacità imprescindibili che deve avere un buon traduttore?
«Oltre alla conoscenza approfondita della lingua e della cultura di partenza e di arrivo, il traduttore deve avere la capacità di affrontare ogni opera nella consapevolezza della sua peculiarità, adattando le sue strategie traduttive al singolo testo. È quindi importante possedere una certa flessibilità mentale, senza applicare schemi precostituiti ma trovando il giusto approccio a seconda delle caratteristiche insite nel testo e dei fattori extra-testuali di volta in volta differenti (le dinamiche comunicative, il lettore modello ecc.). Nel caso del romanzo che ho tradotto per Mimesis, ad esempio, è stato fondamentale riuscire a orientarsi all’interno dei riferimenti culturali e letterari (la cultura ebraica, la Bibbia e altri testi sacri), mantenendo l’effetto di straniamento che ha il lettore dell’opera originale.»
Q: Come è recepita la letteratura polacca in Italia?
«Grazie alla fama internazionale data dal premio Nobel, alcuni scrittori come Wisława Szymborska e Czesław Miłosz godono di grande seguito e, cosa ancora più importante, costituiscono per molti lettori il primo passo per approfondire la conoscenza della cultura e della letteratura polacca. Manca, tuttavia, una strategia editoriale precisa, vengono tradotte e presentate al pubblico opere che rispondono più al gusto del momento, del traduttore che le propone o dell’editore che le pubblica, piuttosto che di un approccio ragionato.»
Q: Ha incontrato delle difficoltà nel lavoro di traduzione dell’opera di Piotr Paziński?
«Il romanzo di Paziński è estremamente complesso dal punto di vista linguistico e culturale. L’autore usa espressioni e modi di dire yiddish, dei quali ricalca spesso anche la sintassi, soprattutto nei dialoghi. L’intero romanzo è infarcito di allusioni, citazioni e criptocitazioni bibliche, che hanno richiesto un certo lavoro di individuazione e decodifica. Compaiono molti termini yiddish, di rado seguiti da una traduzione in polacco, per non parlare di interi passi di testi sacri in ebraico traslitterato in polacco.»
Q: Quali sono i tratti distintivi della lingua polacca? Quali le maggiori difficoltà nella trasposizione in lingua italiana?
«Il polacco è una lingua flessiva in cui sono presenti sette casi, tre generi (maschile, femminile, neutro), due aspetti verbali (perfettivo e imperfettivo), tre tempi all’indicativo (presente, passato e futuro) e un unico modo congiuntivo/condizionale. Le principali difficoltà derivano soprattutto da queste divergenze rispetto all’italiano, oltre che da una maggiore sinteticità.»
Q: Domanda di rito, esiste una dimensione Europea nel romanzo di Piotr Paziński?
«Il romanzo di Paziński affronta temi di grande respiro che fanno parte dell’esperienza umana universale e oltrepassano confini e frontiere: la memoria, la responsabilità, il senso di perdita. Allo stesso tempo li tratta da una prospettiva specifica, quella degli ebrei polacchi e della Shoah.
La dimensione europea del romanzo emerge dalla resa dei conti di un popolo con la propria esperienza di esclusione, emarginazione, annichilimento.
Come afferma a un certo punto il narratore, la sua è “archeologia della memoria”: la scrittura è un modo per impedire l’oblio e mantenere vivo il ricordo, sia del vissuto di singole persone, sia di un mondo ormai scomparso. E questa credo sia una lezione molto “europea” ed estremamente attuale.»