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Edina Szvoren

Edina Szvoren
novembre 15, 2017 redazione

Edina Szvoren VINCITRICE DEL PREMIO LETTERARIO DELL’UNIONE EUROPEA 2015
con Non c’è, e non deve esserci  (Mimesis Edizioni, 2017); tr. it. dalla lingua ungherese di Claudia Tatasciore.

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Edina Szvoren è nata a Budapest nel 1974 e ha studiato musica al Liceo Béla Bartók e all’Accademia musicale Liszt. Attualmente insegna solfeggio e teoria musicale allo stesso Liceo Bartók.

La sua prima raccolta di racconti, Pertu (2010), è stata subito insignita di numerosi premi. La sua seconda opera Nincs, és ne is legyen (Non c’è , e non deve esserci) pubblicata nel 2012, è stata tradotta in numerosi paesi e lodata dai critici per il suo stile ironico vicino alla prosa analitica di Péter Nádas. Il terzo libro Az ország legjobb hóhéra (The Best Headsman in the Land) è stato pubblicato nel 2015 e non ancora tradotto in italiano.

Edina Szvoren pubblica i suoi testi nelle più importanti riviste letterarie ungheresi.

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Tranne in alcune esperienze di poemi giovanili, ha sempre prediletto la prosa come forma di espressione, che si è sempre concretizzata nella stesura di storie brevi, che dischiudono il microcosmo della famiglia, la solitudine dei figli, quella dei genitori.

Sullo sfondo ci sono storie di realismo, ma che giocano con l’assurdo, storie di solitudine, minimaliste, che raccontano il dramma attraverso le relazioni familiari e matrimoniali.  I personaggi sono antieroi, prigionieri della quotidianità e che non vedono oltre questa.
La scelta è della prima persona singolare, ma i caratteri sono spesso muti, parlano gli oggetti.
E sebbene questi personaggi vengano interpretati spesso come depressivi, il tentativo della Svorzen è di sottolineare l’ironia, di dare forma a qualcosa che forma non ha, di dar conforto al lettore.
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Come convivono la musica e la scrittura nella sua vita e nella sua opera? Edina Svorzen insegna musica per tre giorni alla settimana e si dedica alla scrittura negli altri quattro, e per nulla al mondo cambierebbe questa routine, smettendo di insegnare. La sua scrittura non parla di musica, ma si può dire che la sua scrittura è pensata in termini musicali. C’è un modo comune di pensare il linguaggio, che si esprime nella scansione del tempo, nei motivi che vengono articolati, nell’attesa di qualcosa e nella sospensione.
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Edina Szvoren presenta il libro Non c’è, e non deve esserci al festival Bookcity e dialoga con la sua traduttrice Claudia Tatasciore, la giornalista Chica Bighé (Radio Onda d’Urto) ed Eugenio De Caro, progettista europeo.

 

 

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