Abbiamo scambiato due parole con Raffaella Tuan, traduttrice dalla lingua romena del romanzo Teodosio il Piccolo di Răzvan Rădulescu, ha risposto ad alcune nostre domande.
• • •
Raffaella Tuan si è laureata in Lingue e letterature straniere nel 1999. Ha scelto il romeno come prima lingua di studio, e ha voluto valorizzarla nell’unico modo per lei possibile: la traduzione. Non ha iniziato subito, sono dovuti passare alcuni anni prima di trovare l’autore giusto.
Raffaella Tuan presenta il romanzo Teodosio il Piccolo
«Teodosio il Piccolo è un romanzo fanta-politico, la storia di un bambino e del suo regno, narrata da tanti punti di vista quanti sono i personaggi che si affannano a conquistare questo regno, momentaneamente senza governante. Il comico si fonde con il tragico e ogni dettaglio colora in maniera indelebile i tratti e le personalità dei protagonisti a metà tra l’umano e l’animale.
Tutti ci possiamo specchiare e riconoscere in questo lungo racconto, perché tutti siamo deboli, superficiali ma anche sensibili, amorevoli e con un forte senso del dovere.»
Q: Cosa significa tradurre un’opera letteraria? Come è considerata la figura del traduttore in Italia?
«Tradurre per me ha significato entrare in empatia con l’autore e i personaggi, con i loro modi di fare, di vedere e di esprimersi, e fare propri delle visioni o dei punti di vista che prima non sapevi esistessero e che d’ora in avanti ti accompagneranno per sempre. Tradurre per me significa fare da riflesso, cercare di rendere nella lingua di arrivo quello che colgo e vivo nella lingua straniera, senza far perdere quel sentimento, che non si può tradurre , ma si coglie tra le righe.»
«Non ho sufficienti conoscenze sulla figura del traduttore in Italia, ma so che con il mio lavoro ho potuto apprezzare maggiormente chi prima di me ha tradotto libri che sono diventati capolavori della letteratura e contribuendo silenziosamente a questo.»
Q: Quali sono le capacità che vengono richieste a un traduttore per compiere bene il proprio lavoro nell’editoria odierna?
«È essenziale una profonda conoscenza della lingua straniera, come della lingua madre. Inoltre, è necessaria molta pazienza per leggere e rileggere, e rileggere ancora. Ho riscoperto anche la necessità di rimanere obiettivi e meno coinvolti possibile nella narrazione, soprattutto se il romanzo piace, è facile cadere nello scontato e non accorgersi che ciò può apparire banale, non lo è affatto per tutti.»
Q: Quali elementi della letteratura romena apprezza maggiormente? Quali sono peculiari di questo popolo, se ritiene che ci siano elementi caratterizzanti e più significativi?
«Gli elementi linguistici dialettali sicuramente sono molto forti e molto presenti per rimarcare la provenienza e di conseguenza sottolineare l’appartenenza alla regione geografica, dato che in Romania ancora oggi sono presenti le distinzioni tra il nord transilvano e germanico, il sud balcanico e orientale e la parte orientale slava. Anche i panorami rurali sono molto ricorrenti: solo fino a pochi anni fa, la Romania era un paese fortemente agricolo e dove, ad esclusione di grandi città, resta un grande insieme di villaggi e vita provinciale.»
Q: Ha incontrato difficoltà nel lavoro di traduzione dell’opera di Răzvan Rădulescu? Ritiene importante il confronto con l’autore? Si è messa in contatto con lui?
«Ovviamente i termini dialettali sono stati la maggiore difficoltà; non ho contattato l’autore, ma solo per rimanere concentrata sul registro utilizzato e sulla storia, credo che sia importante per il traduttore conoscere il proprio autore attraverso le sue parole, il resto potrebbe avere un’influenza travisante.»
Q: Nel 2010, l’opera che ha tradotto ha vinto il Premio Letterario Europeo, il cui scopo è diffondere i valori letterari europei che trascendono i confini nazionali. Qual è la dimensione Europea presente nel romanzo di Răzvan Rădulescu?
«Esiste l’idea di un luogo (un regno) che presenta da sempre dei confini che delimitano altri regni o altre popolazioni. Questo romanzo ha il pregio di mostrare che questi confini sono importanti solo per coloro che vogliono considerarli tali, mentre il piccolo protagonista non si cura di muraglie (vorrebbe abbatterle, perché sono brutte da vedere) o di altre barriere; gli altri aspiranti al potere, invece, godono nel vedere popolazioni in conflitto che manipolano a loro vantaggio.»
«Il regno di Teodosio e l’Europa odierna hanno bisogno di una guida, di un leader capace di vedere nelle persone il loro valore, e di condurre questo regno alla pace, mettendo fine a tutte le incertezze, famelici desideri di potere e incapacità di comunicare.»